dopo qualche tempo torno a parlarvi di thriller con l'ultimo lavoro di Gilly MacMillan, "Era il mio miglior amico", edito da Newton Compton.
Buona lettura!
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Noah Sadler e Abdi Mahad sono due amici inseparabili. Per questo motivo, quando il corpo di Noah viene trovato in un canale di Bristol, il silenzio di Abdi è inspiegabile. Perché non parla? Il detective Jim Clemo è appena tornato dopo un congedo forzato che l'ha allontanato dal suo ultimo caso e la morte di Noah sembra l'incidente perfetto con cui tenerlo occupato. Ma ben presto quello che sembrava un gioco tra ragazzi finito molto male si trasforma in un caso che accende il dibattito pubblico: Noah è inglese, Abdi un rifugiato somalo. La tensione sociale, la paura e la rabbia cieca degenerano velocemente a Bristol, mentre le due famiglie combattono per ottenere le risposte che cercano. Non sanno quanto sarà lunga la strada per capire che cosa è successo davvero, né sono preparate all'orrore che dovranno affrontare. Perché la verità spesso può fare molto male.
Dopo una partenza un po' in sordina, il thriller della MacMillan acquista un ritmo incalzante e un livello di suspense che non permette al lettore di staccare gli occhi dalle pagine.
I protagonisti sono due adolescenti all'apparenza perfetti, tranquilli, bravi a scuola e figli modello. A dividerli, due tradizioni e provenienze opposte: uno bianco e di buona famiglia, l'altro nero e figlio di profughi somali. Sono due personalità molto interessanti che non mostrano subito i loro lati nascosti.
Noah, ad esempio, si presenta come l'amico migliore che possa esistere salvo poi mostrare atteggiamenti soffocanti nei confronti di Abdi. La loro amicizia, presentata come idilliaca e indissolubile, viene sviscerata e analizzata sotto ogni punto di vista fino a far dubitare di uno e dell'altro. Il finale, infatti, giunge quanto mai inaspettato e shockante. Da una parte avevo previsto una scelta del genere, ma ne sono rimasta comunque sorpresa. Abdi nasconde un vero e proprio micromondo in sé: gli strascichi e i racconti terribili della sua famiglia, non lo hanno lasciato indifferente e, per quanto voglia integrarsi al cento per cento, vuole anche chiudere definitivamente il conto con quella parte della sua storia.
Interessanti sono anche i personaggi secondari, in particolare le due famiglie dei ragazzi che si trovano a fare i conti con molti pregiudizi e una forte pressione mediatica. Avrei voluto saperne di più sull'ispettore Clemo, ma spero di ritrovarlo in un, eventuale, prossimo libro.
La trama è un mix perfetto di elementi crime/polizieschi ed elementi sociali. I problemi di integrazione affrontano in modo realistico e attuale una condizione sociale che, sempre più spesso, porta ad episodi di intolleranza e violenza gratuita, mi è piaciuto il fatto di utilizzare una storia per lanciare anche un messaggio importante su queste tematiche.
La prosa dell'autrice è molto scorrevole, rispetto al più famoso "9 Giorni", mi ha appassionato di più.
Pur essendo classificato come thriller, penso sia più giusto collocarlo nel genere crime ed è la lettura perfetta per chi vuole avvicinarsi a questo genere. Nel complesso è stata una buona lettura, magnetica come la copertina scarlatta.
La consiglio!