lunedì 31 ottobre 2022

Recensione "A cena con l'assassino" di Alexandra Benedict

 Buongiorno e felice giorno di Halloween. 

Probabilmente vi aspettate la recensione di qualche libro horror o misterioso ma il libro di cui vi parlerò, in uscita oggi per Newton Compton Editori, è in realtà ambientato durante il periodo natalizio anche se di mistero ne troverete moltissimo! 

Buona lettura. 



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Lily Armitage ha deciso che non metterà mai più piede a Endgame House, la grande dimora di famiglia in cui sua madre è morta ventuno anni prima. I suoi propositi, però, vacillano quando riceve una lettera dalla zia, che la invita alla sfida tradizionale che si tiene ogni anno: il Gioco di Natale. In cosa consiste? I partecipanti dovranno trovare dodici chiavi con i dodici indizi a disposizione. Quest'anno c'è un premio speciale: l'atto di proprietà di Endgame House. A Lily non interessa nulla della casa, ma nel biglietto c'è un dettaglio che basta da solo a convincerla: durante i giochi verranno rivelati gli indizi per scoprire finalmente la verità sulla morte di sua madre. Ma è davvero così o si tratta di uno scherzo di pessimo gusto? Per scoprirlo, Lily deve trascorrere dodici giorni nella grande casa insieme ai cugini, risolvendo enigmi e indovinelli per rivelare, uno a uno, i segreti più oscuri della famiglia Armitage. Quando una tempesta di neve isola la casa da ogni contatto con l'esterno, tutto può succedere...

Il romanzo di Alexandra Benedict è, senza dubbio, uno dei più interessanti e coinvolgenti che mi è capitato di leggere quest'anno. Si tratta di un'opera breve che presenta tutte le caratteristiche che un buon giallo deve avere: una location isolata e chiusa, molti personaggi e una serie di omicidi da risolvere. Il tutto si svolge ad Endgame House, una villa appartenente alla famiglia Armitage da generazioni, durante le feste natalizie. L'ultima padrona della villa, ha ideato un gioco a base di anagrammi e indovinelli che porterà il fortunato vincitore ad ereditare l'intera proprietà. Inutile dirvi che la schiera di eredi si darà battaglia per riuscire a vincere il gioco.

La situazione si complica quando alcuni dei partecipanti vengono uccisi e i restanti sono completamente isolati dal mondo in quanto, le regole nel testamento specificano bene alcuni cavilli legali da rispettare perché la vincita sia valida. Quindi la situazione è questa: una villa isolata, con tanto di labirinto, corpi delle vittime sparsi qui e là, indizi strani che hanno sempre un doppio significato, i dodici giorni che sembrano infiniti e un premio enorme da portarsi a casa... senza dubbio la ricetta perfetta per appassionare tutti gli amanti del genere.

«Deve stare attenta, di sopra», continua la signora Castle incrociando le braccia. «E anche nel resto della proprietà». 
«Perché?», domanda Lily.
 «Questo posto fa uno strano effetto alle persone». 
«Tipo?» 
«Lo scoprirà», risponde la signora Castle. «Diciamo solo che non ho proprio idea del motivo per cui qualcuno dovrebbe volere questa casa».

Il personaggio con il quale entriamo più in sintonia è quello di Lily, la protagonista dotata di una mente davvero brillante che riesce a decifrare anche l'indizio più complesso.
Per quanto riguarda gli altri, non avrete difficoltà a catalogarli, questa è un po' la pecca del libro..l'elenco dei cattivi è fin troppo semplice da individuare. 

Altra critica che vorrei muovere è un po' l'assurdità della situazione generale: nella nostra epoca, mi viene difficile immaginare un raduno di famiglia in cui tutti rinunciano al telefono e accettano di essere reclusi dodici giorni in una casa che poi verrà ereditata da uno solo di loro. È strano immaginare che se ne restino tutti lì a "giocare" nonostante gli omicidi a cadenza quasi giornaliera..insomma mi è sembrata un po' esagerata come ambientazione, nonostante abbia il suo fascino. 

Un punto super a favore sono i vari giochi, compreso quello finale per il lettore, che rende l'esperienza di lettura stimolante e accattivante. Tutto sommato, ritengo che sia un'ottima lettura se chiudiamo gli occhi davanti a certe forzature!




giovedì 20 ottobre 2022

Recensione "La bambina nei muri" di A.J. Gnuse

 Buongiorno lettori,

oggi vi racconto un libro particolare edito da HarperCollins Italia, "La bambina nei muri", di A.J. Gnuse.

Buona lettura!



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Elise conosce ogni centimetro della sua casa. Sa quale scalino scricchiolerà sotto il peso di un piede imprudente. Conosce tutti gli interstizi nei muri. Sa quali spazi possono accoglierla e tenerla nascosta. In fondo, è casa sua. La casa che i suoi genitori hanno costruito per lei. E la casa è il luogo più importante, dove bisogna stare, a tutti i costi. Anche Eddie la chiama casa. La stessa casa di Elise. Eddie sta diventando grande. Non vuole più credere alla ragazzina che a volte scorge con la coda dell'occhio. Vuole che lei sparisca. Ma quando anche il fratello maggiore si accorge della sua presenza, si presenta un dilemma: come possono liberarsi di qualcuno che non sono nemmeno sicuri che esista? E cosa succede se nel cacciarla invitano una minaccia ben peggiore a entrare nella loro casa?

Questo è il classico caso di un libro che poteva dare di più. La copertina ipnotica e il titolo misterioso catturano subito l'attenzione del lettore ignaro che, poi, si ritrova invischiato in una storia davvero strana, basata sul non detto.

L'autore racconta la storia di Elise, una bambina che vive *letteralmente* nei muri di quella che è sempre stata la sua casa, ora ci vive una nuova famiglia ma lei non sembra turbata dalla cosa e si limita ad essere una presenza attorno a loro, approfittando dei momenti di assenza per mangiare, giocare o ballare.

Col passare del tempo, i segni lasciati da Elise -un'orma, un pupazzo spostato, un oggetto scomparso- mettono in allarme i due fratelli che indagano su queste stranezze.

"Era mezza morta e non-morta: stava perdendo e si rifiutava di perdere. Non era con il mondo mentre il mondo andava avanti; viaggiava nella sua scia. Quella bambina nei muri era una bambina nelle stanze di una casa – quella casa – e ora un ragno in una tela rotta, che temeva i passi, il vento, i rami che cadevano."

La situazione precipita con l'arrivo di una specie di cacciatore di fenomeni paranormali ma tutto diventa confuso perché l'autore non è per nulla chiaro su Elise, la sua condizione, la figura di Brody che sembra l'unico davvero in pensiero per lei.

Sono andata avanti con la lettura in attesa di qualcosa che potesse dare davvero un senso a tutta la storia ma, quel qualcosa, non è mai arrivato. Questo mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca che non è svanito nemmeno dopo aver letto l'intervista finale all'autore, che almeno ha fatto un po' di luce su quello che era l'intento originale del libro.

L'unico messaggio chiaro è quello dell'appartenenza ad un luogo: un legame che nemmeno il dolore o un imminente pericolo possono spezzare. 

Sebbene sia una storia originale, ben scritta e con una prosa scorrevole, non ne consiglierei la lettura perché non raggiunge mai l'apice e si trascina nell'attesa di un colpo di scena che, però, non arriva e lascia un grande senso di insoddisfazione. 


martedì 18 ottobre 2022

Review Party "Il caso dei tre bambini scomparsi" di Alberto Beruffi

 Buongiorno lettori,

tengo particolarmente alla recensione di oggi perché riguarda l'ultimo libro di Alberto Beruffi, "Il caso dei tre bambini scomparsi", edito da Newton Compton Editori. 

Buona lettura!



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Dopo un periodo di aspettativa per riprendersi dalla morte della figlia, l'ispettore Marco Pioggia rientra in polizia e viene incaricato di indagare sull'omicidio di una ragazza, trovata senza vita nel suo appartamento. Il caso si complica per la presenza di un graffito sulla scena del crimine, e ancora di più quando viene scoperto il cadavere di una seconda ragazza, uccisa con le stesse modalità. Intanto, in una Milano fredda e nevosa che si appresta a festeggiare il Natale, la Polizia deve affrontare il rapimento di tre bambini, sequestrati mentre tornavano a casa da scuola e scomparsi nel nulla. L'ispettore Pioggia si trova coinvolto nelle due indagini, che si intrecciano e si confondono, ma se vorrà salvare i bambini dovrà affrontare gli incubi del passato e provare a vincere la sfida che un avversario spietato gli ha lanciato.

Pur trattandosi del terzo libro dedicato all'ispettore Marco Pioggia, questo è in realtà la genesi di tutto e la risposta a chi, come me, voleva disperatamente saperne di più sul personaggio principale della serie thriller firmata da Alberto Beruffi. 

La trama è, come sempre, brillante ed originale. Ogni volta che si chiude un libro di Beruffi si è sempre più ricchi e consapevoli di un particolare argomento, in questo caso, si tratta di arte e leggende natalizie. Tre bambini scompaiono a Milano, nessuno sa dove siano e ogni pista battuta dagli inquirenti si rivela un vicolo cieco.

Contemporaneamente, Pioggia, è alle prese con i demoni del passato ed è divorato dal rimorso, tornare a lavoro è allo stesso tempo un modo per girare il dito nella piaga e una terapia per reagire ed andare oltre.

«Ci sono tanti poliziotti che possono farlo». 

«Ma non sono come te. Tu sei nato per questo, intuisci quello che a molti sfugge».

Filastrocche inquietanti, enigmi, murales da decifrare, omicidi rituali e un legame sempre più preoccupante con il passato. È chiaro che tutto porta all'ispettore Pioggia e questo tutto riaccende la voglia di rivalsa e di vendetta dell'uomo che, ormai, non ha più nulla da perdere.

Questa volta sarà diverso. Questa volta capirà in tempo il disegno malato che c'è dietro al rapimento dei ragazzi. Deve riuscirci ad ogni costo!

In un crescendo di emozioni contrastanti, con il tempo che scorre inesorabile, Marco e suoi colleghi hanno le ore contate per decifrare i messaggi di Snake Trail e salvare tre poveri innocenti. 

Ancora una volta Alberto Beruffi è stato in grado di stupire e convincere con una storia ben costruita e assolutamente originale. L'epilogo apre la strada al futuro e io non vedo l'ora di sapere cos'altro mi riserverà una delle migliori serie crime italiane!



lunedì 17 ottobre 2022

Recensione "La moglie del lobotomista" di Samantha Green Woodruff

Buongiorno lettori, 

iniziamo la settimana con un romanzo interessante tratto da una storia vera, "La moglie del lobotomista", di Samantha Green Woodruff, edito da Newton Compton Editori. 



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Ruth Emeraldine ha una missione: aiutare coloro che soffrono di disturbi mentali. Da quando suo fratello, reduce della Grande Guerra, si è tolto la vita, non ha mai smesso di domandarsi se, con il giusto aiuto, avrebbe potuto essere salvato. L'incontro con un affascinante medico, il dottor Robert Apter, un giovane e brillante studioso delle tecniche più all'avanguardia nella cura delle malattie mentali, sembra scritto nel destino. Ruth si innamora perdutamente di Robert, e accetta di sposarlo così da affiancarlo e sostenerlo nelle sue sfiancanti sessioni di lavoro, durante le quali sperimenta un trattamento che – entrambi ne sono convinti – rivoluzionerà per sempre la medicina: la lobotomia. Con il passare del tempo, però, l'intervento non sembra portare i risultati sperati, anzi. Molti pazienti perdono la vita, ma Robert sostiene che sia un male necessario per perfezionare la cura. Dopo l'ennesimo fallimento, Ruth comincia a sospettare che il marito non sia motivato dall'interesse per i malati, ma solo da una folle quanto spietata ambizione. E così, quando a una nuova giovane paziente, Margaret, viene prescritta la lobotomia, capisce che è arrivato il momento di opporsi. E quella decisione cambierà il corso della sua e di molte altre vite. Ispirato alla vita del neurologo Walter Jackson Freeman II, il medico statunitense che lobotomizzò migliaia di pazienti.

La vicenda raccontata da Samantha Green Woodruff è ipnotica e intrigante come poche. Il fatto che sia tratta da una storia vera e che si concentri sulla salute mentale negli anni '60, la rende ancora più interessante ed originale. 

La protagonista, Ruth Emeraldine, mi è piaciuta moltissimo: una donna carismatica, forte ed indipendente che riesce a fare del suo ospedale un centro all'avanguardia per la salute mentale. Il suo personaggio è davvero di ispirazione e l'unico appunto che le si può fare è di essersi lasciata travolgere troppo dai sentimenti. 

Lui le rivolse un sorriso ancora più grande, poi levò la coppa e la guardò negli occhi. «Ruth Emeraldine, credo questo sia l’inizio di una grande avventura». Già allora, lei gli credeva con tutta sé stessa.

Suo marito Robert, ispirato al famoso neurologo Walter Freeman, è il classico personaggio con l'ego smisurato e la voglia di passare alla storia ad ogni costo. L'autrice analizza molto bene il rapporto tra loro che,  almeno inizialmente, è molto affiatato e alimentato dalla voglia di fare la differenza. Nel corso degli anni, invece, il matrimonio tra i due entra sempre più in crisi in quanto hanno degli obiettivi completamente diversi: mentre per Ruth i pazienti, e il loro benessere, è l'obiettivo da perseguire, per Robert esiste solo la scienza e la voglia di primeggiare ad ogni costo.

In tutto questo, l'autrice spiega molto bene il fenomeno della lobotomia, il suo uso, la sua evoluzione e la definitiva disfatta pochi anni dopo la sua introduzione come terapia per alcune trattamenti psichiatrici.

È un libro che fa riflettere, una storia che non conoscevo e che può regalare sicuramente un'esperienza di lettura interessante.



martedì 11 ottobre 2022

Recensione "La ragazza che non c'era" di Cinzia Bomoll

 Buongiorno, lettori. 

Protagonista della recensione di oggi è un noir tutto italiano ambientato a Ferrara. Si tratta de "La ragazza che non c'era", di Cinzia Bomoll,  edito da Ponte alle Grazie. Ho avuto la possibilità di leggerlo in anteprima e sono felice di dirvi la mia in occasione della sua uscita in libreria. 

Buona lettura!




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La prima inchiesta di Nives Bonora, ispettrice coraggiosa e passionale. Una ragazza viene ritrovata morta per un'overdose nell'ospedale psichiatrico abbandonato di Aguscello, nella bassa ferrarese. Non si riesce a capire chi sia. Ma nelle quarantott'ore che passano fra il ritrovamento del corpo e l'inizio degli esami autoptici, la ragazza sparisce. Qualcuno l'ha vista allontanarsi sulle sue gambe: un raro caso di morte apparente. E così l'ispettrice Nives Bonora, figlia dell'Emilia più genuina – passionale e pragmatica, dolente e vitale – si trova ad affrontare il caso di una ragazza fantasma e una storia marcia, perversa, in cui la malavita dell'Europa dell'Est va a braccetto con la migliore borghesia di Ferrara. Il coraggio di Nives, la sua irruenza e una dose di follia la porteranno a osare troppo ma infine a risolvere il caso a modo suo, contro ogni attesa e ai confini della legge. Ma Nives dovrà anche affrontare i tanti «casini» della sua vita privata, dal rapporto col padre carabiniere in pensione a quello con la nonna che le ha fatto da madre, fino al commissario Brandi, suo capo ostile ma anche poco affidabile amante.

Se dovessi scegliere un solo aggettivo per descrivere questo noir di Cinzia Bomoll sarebbe: anomalo. A partire dal fatto che l'autrice sia una donna, in un genere che ha una forte presenza maschile, per finire alla scelta di una protagonista così sui generis come Nives Bonora. 

Nonostante tutto, però, ho divorato il libro e non mi è dispiaciuto per niente: l'elemento che ho preferito è senz'altro la personalità di Nives, perennemente in bilico tra il senso del dovere e la forza dei suoi sentimenti, così intensi e travolgenti. In un certo senso, pur essendo intriso di black humour e criminalità ci sono anche dei sentimenti benevoli e positivi che riescono a creare un equilibrio perfetto; equilibrio che rende questa lettura perfetta anche per i lettori che non amano il genere solitamente. 

L'indagine parte in un modo particolare, e anomalo anch'esso, con una vittima che si "risveglia" e sparisce dall'obitorio con le sue stesse gambe, anche se poco stabili. 

"Sembrava morta, ovviamente. Quando l'abbiamo trovata, il suo battito era così rallentato che il metodo legale sul momento non ha potuto rilevarlo."
"Ma...come è stato possibile non accorgersene?"
"Sindrome di Lazzaro...succede raramente, ma succede".

L'ispettrice Bonora è chiamata a fare chiarezza ma non sospetta, nemmeno lontanamente, in quale malaffare si stia cacciando. Le tematiche trattante sono varie e interessanti, le indagine si incrociano inaspettatamente con un altro caso e la questione si ingigantisce a dismisura arrivando ad attaccate l'alta società di Ferrara e il fiorente mercato della prostituzione dall'est Europa. 

In tutto questo, l'autrice ci regala un "triangolo" amoroso che è stata una piacevole distrazione alle indagini di polizia. Perfettamente calata nel genere, la Bomoll si serve di una prosa sintetica, precisa, dal gergo colorito che riesce a strappare più di un sorriso. Finale con colpo di scena che apre al futuro dell'ispettrice Bonora che non vedo l'ora di scoprire. Ci sono ancora tante cose da dire su di lei, ne sono certa!



martedì 4 ottobre 2022

Recensione "Il Santuario" di Sarah Pearse

 Buongiorno lettori, 

da oggi in libreria potete trovare il nuovo thriller di Sarah Pearse, "Il santuario", edito da Newton Compton Editori. Ho avuto la possibilità di leggerlo in anteprima e non vedo l'ora di raccontarvelo perché, a differenza de "Il sanatorio", mi ha conquistata. 

Buona lettura!



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L'apertura di un esclusivo centro benessere su un'isola al largo del Devon ha richiamato l'attenzione dei media di tutta l'Inghilterra e dei turisti più facoltosi. Viene pubblicizzato sulle riviste di settore come un'oasi di pace, una sorta di lussuoso santuario del wellness, il luogo ideale per chi desidera allontanarsi dal caos della città e ricaricarsi di nuove energie. Ma l'area su cui sorge la struttura, conosciuta come Reaper's Rock, sembra nascondere una storia oscura. Quando una giovane donna viene trovata morta sugli scogli sotto lo splendido padiglione yoga del centro, la detective Elin Warner, chiamata a indagare, non crede che sia stato un semplice incidente. E i suoi sospetti si trasformano in certezza quando scopre che la vittima non era un'ospite e non avrebbe dovuto trovarsi lì. Altri incidenti portano Elin a temere che la leggenda nera di Reaper's Rock non sia soltanto frutto della superstizione. Dovrà perciò misurarsi con la mente contorta di un assassino spietato e perverso, in una corsa contro il tempo in cui la posta in gioco è la sopravvivenza.

Quando ho girato la prima pagina di questo thriller ho provato un misto di curiosità e pregiudizio: non avendo particolarmente apprezzato la protagonista nel libro precedente, "Il sanatorio", sono partita prevenuta verso di lei ma sono felice di averle concesso una seconda possibilità perché ho divorato questo nuovo thriller della Pearse.

Il "modus operandi" dell'autrice è sempre lo stesso: un luogo isolato, un caso intricato da risolvere e condizioni meteo proibitive che isolano totalmente i personaggi per tutta la durata delle indagini. In questo libro, Elin lascia da parte le sue ansie e paure e finalmente mostra di che pasta è fatta e le sue abilità di detective. Il caso non è semplice: una scia di omicidi che potrebbe essere collegata a un caso precedente e avere un movente quasi soprannaturale. Sull'isola, infatti, aleggia l'ombra del Mietitore, una roccia particolare che richiama alla mente proprio la figura della morte con tanto di cappuccio e falce.

Adesso la parte inquietante: la storia di questo posto è da brividi. È la sporgenza rocciosa sul lato dell’isola, anche se da qui la vedete male, a dare all’isola il suo soprannome: la Roccia del Mietitore. Ve lo dicevo che era inquietante. E secondo la leggenda locale, l’isola è maledetta.

In un crescendo di tensione e crimine, Elin deve far lavorare velocemente la mente e cercare tutti i possibili collegamenti e dare un nome e un movente ai sospettati. L'impresa sembra semplice considerando l'ambiente circoscritto e isolato ma, in realtà, la situazione è più complicata del previsto dato che ci sono in ballo anche false identità e segreti torbidi di parecchi personaggi. 

La Pearse non ci fa annoiare, questo è un libro che si divora con curiosità e che regala non pochi colpi di scena. C'è sempre una parte importante della vita privata della detective e un mistero che ancora non è stato svelato e che la riguarda molto da vicino: una presenza che continua a seguirla a distanza e che non sembra avere buone intenzioni. Finale che apre le porte alla prossima avventura che aspetterò, stavolta, molto più fiduciosa!



lunedì 3 ottobre 2022

Recensione "Le sorelle del mare del nord" di Anne Prettin

 Buongiorno, lettori.

Oggi vi parlo di un romanzo dalle tinte gialle e misteriose edito da Garzanti. Si tratta de "Le sorelle del mare del nord", firmato da Anne Prettin.

Buona lettura!



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I Kiessling appartengono all'isola di Juist come le maree. Perché al Mare del Nord non si può dire addio. Lo sanno bene Frauke, Theda e Marijke, cresciute su quelle spiagge, ma le cui vite hanno preso strade diverse. Ora, però, una cerimonia a cui non possono mancare le riunisce sotto lo stesso tetto insieme alla madre Adda e alla nonna Johanne. Il padre, Eduard, sta per ricevere una medaglia al valore. Per le sorelle Kießling non si prospetta una felice rimpatriata – troppi, in famiglia, i silenzi e i non detti –, ma mai si sarebbero aspettate di trovarsi di fronte una donna che assomiglia alla loro madre da giovane. Dice di chiamarsi Helen e di essere venuta dalla Nuova Zelanda con la speranza di riallacciare i rapporti con la famiglia. Solo che nessuno sa chi sia. Nessuno ha mai sentito il suo nome. Frauke, Theda e Marijke dovranno smettere di farsi la guerra per scoprire la verità. Una verità che affonda le radici in un luogo molto caro ai Kiessling: l'Hotel de Tiden, di cui sono proprietari. Lì, tutto ebbe inizio settantacinque anni prima. E lì, forse, si nasconde la chiave del mistero di Helen. Le tre sorelle dovranno ripartire da quel luogo che cambierà il futuro di ognuna di loro e sconvolgerà per sempre i fragili equilibri familiari.

Questa è la storia di una famiglia, praticamente tutta al femminile, che da generazioni vive sull'isola di Juist. Tutto sembra andare bene, nonostante ci siano parecchie ombre e segreti sepolti nel passato, finché Helen, direttamente dalla Nuova Zelanda, arriva sull'isola aprendo un gigantesco vaso di Pandora. La storia della famiglia Kiessling è intensa e pregna di avvenimenti, la narrazione a più voci tenta di sbrogliare la matassa di ricordi e mezze verità sui quali si regge il precario equilibrio della famiglia. 

Caro diario, tra novanta minuti sarò morta. La marea è sempre puntuale.

Perderò conoscenza, smetterò di respirare  e il mio cuore batterà per l'ultima volta. 

Poi, più nulla.

Non è facile farsi un'idea delle protagoniste perché ad esclusione di Helen e Adda, vengono giusto tratteggiate a grandi linee. Il libro inizia benissimo, con una pagina di diario angosciante e triste per poi imboccare le vie più disparate: guerra, omicidi, inganni. Una miscela davvero eterogenea che, però, confonde e non aiuta il lettore ad appassionarsi alla storia.

È difficile entrare in sintonia con i personaggi perché non si espongono più di tanto e quindi non è sempre chiaro il motivo che si cela dietro i loro comportamenti. Mi sarebbe piaciuta un'attenzione maggiore verso le famose "sorelle" che danno il nome al romanzo ma ci sono pochissimi accenni al rapporto tra loro. La narrazione è davvero troppo prolissa e confusionaria.

Le parti che ho apprezzato, in quanto sono riassuntive ed illuminanti sulla storia e i personaggi, sono le pagine del diario di Wanda. L'ambientazione è un altro punto forte del libro: il paesaggio remoto e incontaminato ha il suo fascino. Anche il colpo di scena finale, sebbene facilmente intuibile, ha dato un po' di sprint ad una storia che poteva dare decisamente di più. 

È il libro giusto per gli amanti di storie familiari con un tocco di giallo.