Buongiorno e ben ritrovati sul blog.

Oggi vi parlo del secondo capitolo della serie firmata dall'autore statunitense, Donald E. Westlake, "Tiro di sponda". La serie, che ha come protagonista il ladro John Dortmunder, era iniziata con "La pietra che scotta", di cui vi ho parlato QUI.

Buona lettura!


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Pagine 192

In questo esilarante piano criminale al centro del secondo volume della serie su John Dortmunder, una banda di ladri spera di dirottare una roulotte piena zeppa di soldi. In attesa del suo prossimo colpo, John Dortmunder ha messo in atto una truffa basata sulla vendita di enciclopedie. Sfortunatamente, il suo ultimo bersaglio sembra essersi accorto dell’imbroglio, costringendolo a interrompere la presentazione e a darsela a gambe. Ma una nuova opportunità è dietro l’angolo: una vecchia banca si è temporaneamente trasferita in una casa mobile. Tutto ciò che bisogna fare è superare sette guardie di sicurezza, attaccare le ruote alla banca e filarsela il più in fretta possibile. Alla solita gang formata da Dortmunder, la mente dietro ogni operazione criminale, Kelp, un ex pregiudicato specializzato in furti d’auto, e Murch, un furfante da quattro soldi che vive con la madre tassista, si aggiungono Victor, un ex agente dell’FBI, ed Herman X, esperto di casseforti. È un piano bizzarro, ma semplice... Finché non va tutto a rotoli.

In "Tiro di sponda", Donald E. Westlake ci riporta al personaggio di John Dortmunder e alla sua combriccola di ladri con varie specializzazioni. Come nel libro precedente, "La pietra che scotta", il colpo che vogliono portare a termine è ambizioso, rischioso ma potenzialmente milionario.

L'obiettivo è una roulotte che ospita temporaneamente la sede di una banca, il piano sembra fattibile e a basso rischio, perlomeno sulla carta, ma chi ha già avuto modo di conoscere la banda sa che gli imprevisti sono dietro l'angolo e, quindi, anche questo libro ci regala numerose e tragicomiche peripezie che ci conducono ad un finale inaspettato.

Quello che mi colpisce sempre molto dei libri di Donald E. Westlake è la capacità di rendere amabili dei personaggi che sono sostanzialmente dei delinquenti. Inaspettatamente ci si ritrova a fare il tifo per loro, a sperare che non vengano arrestati, a provare scariche di adrenalina pazzesche nei momenti in cui la tensione diventa altissima.

Nonostante uno stile asciutto, privo di fronzoli in cui le emozioni non sono nemmeno contemplate, è inevitabile appassionarsi alla vicenda in cui le atmosfere richiamano molto una puntata di Lupin ma in cui si è consapevoli delle conseguenze legali delle azioni sbagliate che si stanno svolgendo.

L'epilogo, come la scorsa volta, è agrodolce ma nel complesso ho apprezzato di più questo libro rispetto all'altro, probabilmente perché è stato bello ritrovare la banda (Dortmunder in primis! 😍) e anche perché tutti i personaggi mi sono sembrati più maturi, stavolta.

Tra momenti esilaranti, quasi sempre regalati dalla mamma folle di Kelp, e altri carichi di tensione, questa storia vi terrà incollati alle pagine per qualche ora e vi lascerà sicuramente con la voglia di scoprire cosa ne sarà in futuro di questa banda male assortita.


⭐⭐⭐, 5

 Buongiorno lettori e ben ritrovati sul blog,

oggi parliamo di un libro diverso dal solito su un 'crimine' interessante. Non vi anticipo altro e vi auguro una buona lettura!


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Pagine 256

Londra, 24 febbraio 1994. Un palazzo antico coperto da un'impalcatura, un allarme che non funziona, una sorveglianza che non c'è: è un colpo facile facile per un ladro esperto, che se ne va con una borsa piena di gioielli e altri preziosi e del tutto ignaro di chi sia quella nobile casa tanto lussuosa... Lui è un italiano, si chiama Renato Rinino e si trova a Londra senza grandi progetti; il nome della sua «vittima» lo scopre qualche giorno dopo, dai quotidiani. Quello che ha svaligiato è St. James's Palace, l'allora residenza londinese del principe del Galles, Carlo d'Inghilterra.  È il furto del decennio, è uno scandalo, Scotland Yard va subito in fibrillazione, televisioni e giornali si impadroniscono e amplificano il caso. Rinino stesso, che in un primo momento ha cercato di vendere i gioielli, non sa cosa fare, finché non escogita un piano per tornare in Italia portandosi dietro la refurtiva. La caccia al ladro è cominciata... Basandosi su documenti d'archivio, materiali dell'indagine, cronache giudiziarie, interrogatori, e soprattutto sul memoriale inedito di Rinino, Fabio Pozzo ricostruisce l'incredibile vicenda con precisione da detective e con avvincente piglio narrativo, raccontandoci anche, oltre al leggendario furto, la storia di un personaggio picaresco, sopra le righe e insofferente alle regole che tra luci e ombre insegue la sua piccola gloria.

"Ho rubato al re d'Inghilterra" è un memoriale interessante firmato dal giornalista Fabio Pozzo sulla vita del ladro noto come il Lupin della Riviera, Renato Rinino.

Ebbene sì, il libro racconta la vita e le "gesta" di Renato Rinino che riuscì in un'impresa a dir poco epica: realizzare un colpo nella residenza londinese del Principe Carlo d'Inghilterra e, per giunta, totalmente ignaro di averlo fatto!

Ma andiamo con ordine, grazie ad un incredibile lavoro di ricerca su documenti, ricostruzioni e il memoriale scritto dallo stesso Rinino, abbiamo tra le mani il racconto di una vita iniziata nella povertà e segnata dai sacrifici che porta, quasi inevitabilmente, a cercare una via d'uscita proprio compiendo furti e rapine. 

Fabio Pozzo è riuscito a ricostruire molto bene anche la personalità del protagonista che sembra una sorta di ladro gentiluomo che ruba ai ricchi cose di cui probabilmente non sentiranno nemmeno la mancanza. Trasferitosi a Londra, ufficialmente per cercare di dare una svolta legale alla propria vita, la strada di questo ladro genovese incrocia in maniera totalmente inaspettata con quella del futuro re d'Inghilterra.

Il St. James's Palace, per lui, non è altro che l'ennesima bellissima casa in cui sicuramente troverà denaro e preziosi da rubare, soltanto nei giorni successivi quando su tutte le prime pagine viene rivelato che c'è stato un furto ai danni del Principe, Renato si rende conto che gli strani gioielli descritti sono proprio quelli in suo possesso, collegando quindi il suo ultimo colpo alla vicenda che da ordinaria passa direttamente allo status di 'epica'.

Personalmente, non conoscevo nulla di questa storia e devo dire che l'ho trovata 'simpatica' nel suo insieme. Ci sono stati dei momenti esilaranti e rocamboleschi ma in generale ho letto con interesse le imprese compiute da Rinino pur non approvandole, ovviamente.

E' un libro che vuole raccontare una storia di vita reale, per quanto particolare, quindi non aspettatevi suspense o colpi di scena. Gli elementi di finzione sono praticamente inesistenti mentre le ricostruzioni sono accurate e fedeli alla verità 'storica' dell'epoca.




 Buongiorno e ben ritrovati sul blog.

Qualche giorno fa ho ricevuto da Salani Editore una box a sorpresa che mi invitava a mettermi comoda ed iniziare un'indagine al "Princess Hotel".

Ebbene, ho accolto l'invito con piacere e insieme a Mariano Di Gesù, che è diventato uno dei miei personaggi preferiti di sempre, sono "partita" per la Scozia con destinazione Princess Hotel.

Buona lettura!



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Pagine 229

Accompagnare i suoi genitori a Edimburgo, per festeggiare le loro nozze d’oro, non è esattamente ciò che Jole chiamerebbe una vacanza. Semmai, un supplizio. Sua madre ha un carattere complicato, e suo padre da sempre asseconda la moglie in tutto. Benché Jole sia pronta al peggio quando, dopo un volo turbolento, mette piede nell’elegante hall del Princess Hotel, non può immaginare quali imprevisti le abbia riservato il soggiorno scozzese. Poche ore più tardi, infatti, in quell’albergo avverrà una serie di decessi. Cosa unisce quelle morti? Possibile che si tratti di una fatale coincidenza, come qualcuno vorrebbe far credere? Non spetta certo a lei indagare, ma un altro ospite italiano dell’albergo, Mariano Di Gesù, straripante e ficcanaso come un incrocio tra Poirot, Miss Marple e la signora Fletcher, si è messo in testa di risolvere il caso e di coinvolgere la donna, trascinandola con sé in una serie di guai, pericoli e situazioni surreali. Portando dalla sua esperienza teatrale una formidabile gestione delle voci e dei tempi comici, Giuseppe Sorgi ha creato un giallo originalissimo e fulminante, nel quale l’imprevisto, dispettoso com’è, accade con puntualità diabolica.

Quando ho iniziato la lettura del libro, armata di morbidissime ciabattine gentilmente offerte dall'hotel e fuori porta a tema per non essere disturbata durante la lettura, non avevo idea della storia che mi sarei trovata davanti. Come faccio spesso, infatti, ho deciso di non leggere la trama e immergermi direttamente tra le pagine.

A pagina dieci ero già piegata in due dalle risate per lo stile letteralmente esilarante di Giuseppe Sorgi e il suo senso dell'umorismo al limite tra il sacro e il profano. I due protagonisti della storia sono adorabili: da una parte abbiamo Mariano, una personalità poliedrica e autoironica all'ennesima potenza; dall'altra c'è Jole, adulta disincantata e intrappolata in un'esistenza che la rende insoddisfatta e frustrata.

Per una serie di "sfortunati eventi", entrambi si ritrovano ospiti del meraviglioso Princess Hotel, un luogo elegante in cui permea un'atmosfera d'altri tempi, ma soprattutto si ritrovano indirettamente coinvolti in un caso di omicidio. Da questo momento in poi la storia si tinge di giallo con un caso dalla tematica molto interessante che, in alcuni passi, strizza l'occhio anche alle più famose spy story con complotti e segreti di stato.

Mariano e Jole si rivelano dei personaggi incredibili e una coppia assai improbabile, lo stile dell'autore è talmente vivido che vi sembrerà di vederli mentre indagano sugli omicidi, che nel frattempo si moltiplicano, e si ritrovano alle prese con fughe rocambolesche e informazioni 'sensibili' che non dovrebbero conoscere.

Italia e Scozia, due scenari, molti personaggi e risate a non finire a suon di espressioni non proprio politicamente corrette e un'ironia disarmante. Sicuramente ciò che mi porterò dietro del libro, nel tempo, sarà proprio il ricordo delle risate che mi ha suscitato anche se vorrei sottolineare la bellezza e l'interessante indagine al centro della trama.

Se siete alla ricerca di un bel viaggio da poltrona, avete trovato il titolo giusto!



 Buongiorno e ben ritrovati sul blog,

iniziamo la settimana con un giallo carinissimo che ho avuto modo di leggere grazie a Newton Compton. Si tratta de "La prima indagine delle regine del giallo", firmato dalla penna di Marie Benedict.

Buona lettura!

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Pagine 320

Londra, 1930. Le cinque più grandi scrittrici di gialli si sono unite per formare una società segreta con un unico obiettivo: dimostrare di non essere seconde a nessuno dei loro colleghi maschi nel leggendario Detection Club. Guidato dalla formidabile Dorothy L. Sayers, il gruppo include Agatha Christie, Ngaio Marsh, Margery Allingham e la baronessa Emma Orczy. Si fanno chiamare le Regine del Giallo. Il loro piano? Risolvere un vero caso, quello della morte di May Daniels, una giovane donna inglese trovata strangolata in un parco in Francia. Determinate a far luce sull'omicidio ormai su tutti i giornali, le Regine del Giallo intraprendono la loro indagine, scoprendo che l'unione fa la forza. Ma presto l'assassino prende di mira Dorothy Sayers, minacciando di rivelare un oscuro segreto del suo passato che lei ha sempre fatto di tutto per tenere privato. Riusciranno le nostre Regine a dare un volto all'assassino e a salvare il segreto di Dorothy? Cinque talentuose scrittrici e un mistero da risolvere che sembra venuto fuori dalle pagine dei loro romanzi.

Posso dichiarare con una certa convinzione che questo romanzo di Marie Benedict è il giallo più bello attualmente pubblicato nel 2025. Un romanzo tutto al femminile che ha come protagoniste cinque autrici realmente esistite alle prese con un caso che, sulla carta, è impossibile da risolvere.

"La prima indagine delle regine del giallo" vanta, tra i suoi personaggi, persino la celebre Agatha Christie che insieme alle sue colleghe scrittrici si ritrova tra le mani un caso di sparizione, che si rivelerà poi un omicidio, che segue uno schema caro a tutte loro 'la camera chiusa'.

Questa combriccola di donne brillanti si ritrova a fronteggiare diversi ostacoli lungo il cammino, primo fra tutti l'ingerenza degli ambienti maschili che si stanno già occupando del caso che non vedono di buon occhio né la loro curiosità, né le loro opere. Inizialmente, infatti, la voglia di risolvere il caso è dovuta per lo più all'obiettivo di dimostrare le loro capacità come autrici di gialli ma, ben presto, si trasforma in una missione ben più importante: dare giustizia e dignità alla vittima.

La storia realizzata da Marie Benedict è ricca di elementi e raccontata con dovizia di particolari sia storici che sociali dell'epoca in cui è ambientata. La prosa elegante e precisa è una coccola per gli occhi, le protagoniste e le loro complesse personalità conquistano il lettore che fa il tifo per loro. Il caso in sé è un ottimo enigma da risolvere, ideale per intrattenere gli appassionati del genere giallo.

Ne sono rimasta completamente conquistata e soddisfatta, soprattutto perché mi ha permesso di conoscere altre autrici di questo genere che tanto amo e di cui, di solito, si rammenta solo la celebre Christie. 

Assolutamente consigliato!





 Buongiorno e ben ritrovati sul blog.

Nella recensione di oggi, vi parlo di un libro dalle atmosfere molto suggestive e inquietanti che richiama molto le vibes dei racconti di Irving. 

Si tratta de "La foresta degli alberi ritorti", scritto da Jennifer Radulovic, e pubblicato da Mursia che ringrazio per la copia.

Buona lettura!



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Pagine 256

Nella Londra del 1898, Alexander Esbury, giovane studioso del Museo di storia naturale specializzato in alberi, è vessato da strani ricordi. Figlio di un aristocratico inglese e di una nobildonna scozzese, è richiamato presso la tenuta di famiglia, nelle campagne del Galloway, a causa di un improvviso malessere del padre. Durante il viaggio, però, accompagnato dall’amico americano Jethro, sarà testimone di una serie di spaventose morti inspiegabili. Hanno a che fare con i suoi terrificanti deliri? Tra brume pestifere, vallate sconfinate, accadimenti inspiegabili e boschi inquietanti di alberi ritorti, il mistery thriller dalle atmosfere gotiche di Jennifer Radulovic cala il lettore tra Londra e la Scozia dell’età vittoriana, in una storia misteriosa che strizza l’occhio alla psicologia disturbante di Poe e ricca di curiosità storiche puntuali su una delle epoche più tenebrose e affascinanti di sempre.



"La foresta degli alberi ritorti" è una storia ambientata sul finire dell'800 tra Londra e la Scozia. Jennifer Radulovic sposa perfettamente il periodo storico nello stile e nelle atmosfere al punto che il lettore si trova completamente catapultato in questo contesto storico e sociale. Una delle cose che mi ha colpito subito, infatti, è la descrizione accurata anche delle convenzioni sociali dell'epoca che influenzeranno, e non poco, l'intero svolgimento della trama.


Alexander Esbury si rivela un protagonista ben caratterizzato e in grado di conquistare bene il cuore di chi legge. L'autrice ce lo presenta come un giovane tormentato di buona famiglia, esperto di storia naturale e, in particolare, di alberi. Tra i suoi ricordi di infanzia e adolescenza, c'è un ambiente ricorrente che lo affascina e spaventa al tempo stesso, si tratta de "La foresta degli alberi ritorti" che dà il titolo all'intera opera.


«C’è un luogo dove, da quando ho memoria, mi è fatto divieto entrare. Ed è proprio questo il luogo che, quando da ragazzo vagabondavo in cerca di evasione, ho scelto come rifugio speciale nei miei momenti di solitudine. Il posto di cui parlo, il mio posto, è un bosco. Il bosco della distortio arboris



Questo luogo è inquietante e permeato da leggende e mistero. Inizialmente non è chiaro se si tratti di suggestione o di vere e proprie azioni paranormali ma è chiaro che la foresta e i suoi strani alberi hanno un effetto oscuro e. forse, pericoloso per Alexander. 


Ottima performance anche per Jethro, amico fidato del protagonista che dimostrerà un senso di lealtà che difficilmente si riscontra nelle persone, soprattutto davanti ad eventi minacciosi e nefasti. In generale ogni personaggio partorito dalla mente di Jennifer Radulovic ha un ruolo cruciale ed è ben caratterizzato. 


Mi sono piaciute molto le svolte inaspettate e i colpi di scena presenti nel libro, ho avuto la sensazione che ogni tassello venisse posto nella sua giusta collocazione. Ovviamente ho amato molto tutta l'atmosfera gotica e paranormale e come è stata inserita la tematica. 


La prosa dell'autrice è fine e ricercata ma, allo stesso tempo, scorrevole e piacevole da leggere. Storia e scienza si mescolano perfettamente al folklore dando vita ad una vicenda originale e coinvolgente.


Le note presenti nel finale, poi, chiudono perfettamente il cerchio approfondendo alcuni eventi e concetti incontrati durante la lettura.


"La foresta degli alberi ritorti" è il libro perfetto per tutti i lettori che amano storie originali, misteriose e dalle atmosfere gotiche. Lo consiglio!




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