In questi giorni mi sono crogiolata tra grandi abbuffate e un po' di ferie, leggendo molto ma scrivendo pochissimo perciò non vedo l'ora di raccontarvi tutte le letture che ho fatto e che, fortunatamente, sono una più bella dell'altra!
Iniziamo da "Lullaby Road", secondo romanzo de 'La serie del deserto', firmato da James Anderson che, stavolta, mi ha davvero messa KO!
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Anche nel deserto dello Utah è arrivato l'inverno. Ben Jones, alla guida del suo camion, guarda la statale 117 ricoprirsi di ghiaccio mentre cerca di rimettere in ordine la sua vita: l'amata Claire non c'è più e Walt pare sempre più chiuso in se stesso e nel suo diner solitario. Ma la solitudine dura poco: una mattina all'alba, alla stazione di servizio dello scontroso Cecil, Ben trova un bambino e un cane. Su un biglietto indirizzato a lui, il gommista Pedro gli chiede di badare a suo figlio Juan; e come se non bastasse, subito dopo anche Ginny, da poco diventata mamma, gli affida la piccolissima Annabelle. Con questi insoliti compagni Ben si mette in viaggio, ignaro del mistero che si nasconde nei grandi occhi neri di Juan. Con una scrittura ironica e suggestiva, nel secondo capitolo della Serie del Deserto James Anderson racconta una storia di frontiera dalle atmosfere noir, in cui Ben Jones è costretto a difendere chi ama in un mondo in balia della violenza, dove l'unica arma davvero efficace è la gentilezza.
Questa serie è iniziata un po' in sordina con 'Il diner nel deserto', facendo una rapida panoramica di un luogo inospitale e dei suoi abitanti scontrosi e con poca voglia di socializzare con il prossimo. E' in questa regione remota che si è autoconfinato Ben Jones, camionista solitario che grazie alle sue consegne consente una vita relativamente normale agli abitati del deserto.
Pur avendo apprezzato molto questo primo capitolo, non mi aspettavo di restare così sconvolta dal secondo libro in cui, a mio avviso, l'autore si è davvero superato!
James Anderson ci regala una nuova versione del suo personaggio, dipingendolo come una figura buona sotto strati e strati di brutalità e olio di motore, l'ho amato in ogni sfumatura e ho amato la miriade di personaggi incontrati lungo la statale 117 che si conferma come location unica al mondo e che, un giorno, mi piacerebbe visitare. Ho amato la solitudine a l'alienazione, vere protagoniste di una storia che fa riflettere sugli argomenti più disparati e, più in generale, sull'essere umano e la sua natura che lo spinge a collaborare e a relazionarsi con i propri simili, per quanto possa sembrare il contrario.
Nonostante lo stile dell'autore sia tipicamente americano, poco raffinato e dettagliato, ho notato un notevole miglioramento tra un libro e l'altro, soprattutto per quanto riguarda la sfera emozionale che si impone prepotentemente nel libro e che, ahimè, ha stuzzicato parecchio la mia sensibilità provocandomi un fiume di lacrime sul finale. Come vi accennavo, l'ambientazione di questa serie è unica e immensa: il deserto viene descritto, e trattato, come un protagonista e in fondo è quello che è. Decontestualizzare una storia del genere significherebbe toglierle tutta la magia e la profondità che invece questo habitat così remoto e primordiale le concede.
E' possibile approcciarsi al romanzo anche senza aver letto il primo in quanto l'autore inserisce i giusti richiami al libro precedente, ma per una questione di completezza, vi consiglio di recuperare anche l'altro. Sono certa che ne resterete colpiti e affascinati, spero di poter viaggiare ancora, in futuro, lungo la statale 117!
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