Buongiorno lettori,
iniziamo la settimana con un romanzo interessante tratto da una storia vera, "La moglie del lobotomista", di Samantha Green Woodruff, edito da Newton Compton Editori.
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Ruth Emeraldine ha una missione: aiutare coloro che soffrono di disturbi mentali. Da quando suo fratello, reduce della Grande Guerra, si è tolto la vita, non ha mai smesso di domandarsi se, con il giusto aiuto, avrebbe potuto essere salvato. L'incontro con un affascinante medico, il dottor Robert Apter, un giovane e brillante studioso delle tecniche più all'avanguardia nella cura delle malattie mentali, sembra scritto nel destino. Ruth si innamora perdutamente di Robert, e accetta di sposarlo così da affiancarlo e sostenerlo nelle sue sfiancanti sessioni di lavoro, durante le quali sperimenta un trattamento che – entrambi ne sono convinti – rivoluzionerà per sempre la medicina: la lobotomia. Con il passare del tempo, però, l'intervento non sembra portare i risultati sperati, anzi. Molti pazienti perdono la vita, ma Robert sostiene che sia un male necessario per perfezionare la cura. Dopo l'ennesimo fallimento, Ruth comincia a sospettare che il marito non sia motivato dall'interesse per i malati, ma solo da una folle quanto spietata ambizione. E così, quando a una nuova giovane paziente, Margaret, viene prescritta la lobotomia, capisce che è arrivato il momento di opporsi. E quella decisione cambierà il corso della sua e di molte altre vite. Ispirato alla vita del neurologo Walter Jackson Freeman II, il medico statunitense che lobotomizzò migliaia di pazienti.
La vicenda raccontata da Samantha Green Woodruff è ipnotica e intrigante come poche. Il fatto che sia tratta da una storia vera e che si concentri sulla salute mentale negli anni '60, la rende ancora più interessante ed originale.
La protagonista, Ruth Emeraldine, mi è piaciuta moltissimo: una donna carismatica, forte ed indipendente che riesce a fare del suo ospedale un centro all'avanguardia per la salute mentale. Il suo personaggio è davvero di ispirazione e l'unico appunto che le si può fare è di essersi lasciata travolgere troppo dai sentimenti.
Lui le rivolse un sorriso ancora più grande, poi levò la coppa e la guardò negli occhi. «Ruth Emeraldine, credo questo sia l’inizio di una grande avventura». Già allora, lei gli credeva con tutta sé stessa.
Suo marito Robert, ispirato al famoso neurologo Walter Freeman, è il classico personaggio con l'ego smisurato e la voglia di passare alla storia ad ogni costo. L'autrice analizza molto bene il rapporto tra loro che, almeno inizialmente, è molto affiatato e alimentato dalla voglia di fare la differenza. Nel corso degli anni, invece, il matrimonio tra i due entra sempre più in crisi in quanto hanno degli obiettivi completamente diversi: mentre per Ruth i pazienti, e il loro benessere, è l'obiettivo da perseguire, per Robert esiste solo la scienza e la voglia di primeggiare ad ogni costo.
In tutto questo, l'autrice spiega molto bene il fenomeno della lobotomia, il suo uso, la sua evoluzione e la definitiva disfatta pochi anni dopo la sua introduzione come terapia per alcune trattamenti psichiatrici.
È un libro che fa riflettere, una storia che non conoscevo e che può regalare sicuramente un'esperienza di lettura interessante.
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