domenica 2 settembre 2018

Recensione "La casa dei naufraghi" di Guillermo Rosales

Buongiorno lettori,
oggi vi parlo di un'altra lettura edita da Fandango Libri, "La casa dei naufraghi", di Guillermo Rosales, uno dei pochi romanzi considerati 'classici' della letteratura cubana.
Buona lettura!


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"Sono scappato dall'isola e da tutto ciò che le appartiene. Non sono un esiliato politico. Sono un esiliato totale." William Figueras è un uomo in fuga. Dalla cultura, dalla musica, dalla letteratura, dalla televisione, dalla storia e dalla filosofia di Cuba. È arrivato a Miami con in tasca nient'altro che le edizioni rilegate dei Romantici inglesi e l'illusione, coltivata al buio della sua mente, che nella Grande America riuscirà a scrivere senza paura delle persecuzioni. Ma William è malato di nervi e dopo il confino le voci che sente rimbombano forte nella testa. Talmente tanto che la zia che lo ospita deve arrendersi: "Non si poteva fare di più, lui avrebbe capito". La casa in cui viene deportato è una clinica ai limiti della realtà, un rifugio disumano dalle atmosfere asfissianti in cui i matti sono vittime condannate a una quotidianità primitiva. Non c'è salvezza, via di scampo, anche se la libertà urla al di là di quelle porte. Un giorno la pallida Francis arriva tra gli Idioti e con lei il ricordo in carne e ossa dell'amore. La speranza scioglierà per poco il gelo di quell'ultimo passaggio nella casa, e la vita riprenderà a scorrere come non aveva mai fatto prima.

Il romanzo di Guillermo Rosales è una brutale denuncia autobiografica sul sistema in cui finiscono i cubani che tentano di fuggire dalla loro terra. Al di là dei muri, del filo spinato e delle notizie rosicchiate qui e là e sapientemente montate dai media, c'è una situazione grave e tremenda in cui si ritrovano invischiati poveri innocenti alla ricerca della libertà e di una vita migliore. Tra loro c'è lo scrittore William Figueras, considerato folle, oltre che clandestino. Per le persone come lui, quelle ai margini della società, non c'è speranza. La macchina burocratica le ingloba e le distrugge tra un protocollo e una struttura fatiscente.

La casa dei naufraghi è l'ultima spiaggia di uomini e donne disperati, non un porto sicuro per i sopravvissuti. Se c'è una cosa che non manca, in questo libro, è un realismo disarmante che non lascia spazio all'immaginazione ma che regala dei flash molto vividi della situazione e, vi assicuro, che non si tratta di luoghi bucolici. L'unica, timida, luce in questo inferno sulla terra, è il rapporto umano tra i malcapitati di turno: amore e amicizia sono gli unici valori concessi e che riescono a nobilitare l'esistenza di questi poveri disperati. Un plauso speciale alla capacità brillante, seppur molto cupa e negativa, con la quale l'autore è riuscito ad elaborare la sua opera.
Nella sua brevità, Guillermo Rosales, si assicura di lanciare il suo messaggio in maniera forte e chiara. E' evidente l'impronta autobiografica della storia, il libro è una sorta di rivalsa sui torti subiti, uno sfogo per le ingiustizie di cui William e gli altri Idioti sono state vittime. L'uomo sa essere crudele e spietato e, in questo romanzo, non c'è redenzione. La cosa che, forse, ho apprezzato meno è proprio la negatività che regna sovrana nella storia. Sono pagine opprimenti, a tratti, che non hanno altro scopo se non quello di denunciare una situazione umanamente insostenibile. Non è una lettura da affrontare a cuor leggero e, di sicuro, non è adatta a tutti. 


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