martedì 12 novembre 2019

Recensione "Pazze di libertà" di Silvia Meconcelli

Buongiorno, lettori.
Oggi voglio parlarvi di un romanzo che ho apprezzato tantissimo ambientato nell'Italia della Seconda Guerra Mondiale.
Buona lettura!



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Il sole è alto nel cielo quando Maria si risveglia in un luogo che non conosce, ma le bastano pochi attimi per capire che non sarà una giornata come le altre. La luce esterna proietta sul pavimento l'ombra delle sbarre che bloccano la finestra, la porta è serrata e il letto in cui si ritrova non è il suo. Le lenzuola sono rigide, i muri segnati dai graffi. Un manicomio. Ma lei non è pazza, non può permettersi di restare lì, fra le urla delle altre internate e gli orrori dell'ospedale psichiatrico. Fuori c'è Lucio che l'aspetta. Sullo sfondo di una Grosseto segnata dalle bombe, dalle razzie e dalla lotta partigiana della seconda guerra mondiale, si muovono le vite delle donne che provano a farsi spazio in un mondo governato dagli uomini. E Maria funge da portavoce e da esempio per ognuna di loro.

Immaginate di svegliarvi una mattina qualunque e non ricordare più nulla di voi e della vostra vita. Davanti agli occhi solo sbarre e luci da ospedale, perché è proprio lì che vi trovate. Inizia così la storia di Maria, una donna straordinaria che ci conduce in un viaggio sofferto  e che fa male. Il viaggio di una donna colpevole di amare qualcuno troppo distante da lei per classe sociale e orientamento politico, in un momento storico in cui questo poteva fare la differenza.
La ragazza è confusa, terrorizzata. Viene immobilizzata a letto, incapace di provvedere a sé stessa: si trova in manicomio ma non è matta e, forse, non lo sono nemmeno tante delle altre ospiti rinchiuse con lei. 

Man mano che la narrazione procede, scopriamo risvolti crudeli della sua vita e una famiglia pessima che si è dimenticata di lei, pur di nascondere la vergogna di quello che ha fatto e la storia clandestina con un partigiano.. proprio lei, figlia di esponenti importanti del regime fascista. L'amore per Lucio, che può sembrare romantico e una sorta di versione moderna di Romeo e Giulietta, è in realtà una storia molto più carnale e passionale che sentimentale. L'autrice non ci parla moltissimo di lui ma riscatta il suo personaggio in un epilogo che dona speranza, dopo tanto dolore e sofferenza.

In che ospedale siamo? Perché mi tengono legata?

- All'ospedale psichiatrico, qui dicono che siamo tutti matti. Lo chiamano anche manicomio. E io, che sono qui da un bel po', di pazzi veri ne ho visti tanti. Anche i dottori sono pazzi, e le infermiere, e anche le suore, e anche il postino è pazzo.
Ci sono i pazzi rinchiusi e quelli liberi.

Non è la guerra la vera protagonista, anche se il tema occupa una fetta molto ampia del libro, ma la follia umana che in quegli anni difficili ha fatto più vittime della guerra stessa. Maria, come anche la sua compagna di 'cella' Flora, rappresenta tutte quelle donne a cui non è mai stata data voce. Donne indifese, vittime di soprusi e tacciate di follia solo per essere fatte sparire senza troppi drammi. Quella descritta era un'epoca in cui la semplice tristezza per un evento X passava per depressione grave. Una risposta sgarbata veniva vista come comportamento schizofrenico. E il risultato è stato solo quello di riempire strutture obsolete di donne sane e oneste, vittime di personale medico e infermieristico impreparato nei trattamenti psichiatrici.

E' una storia che mi ha fatto riflettere, che mi ha mostrato altri aspetti di un periodo famoso ma che non si finisce mai di conoscere. Lo stile dell'autrice e la scelta narrativa mi hanno coinvolta al cento per cento nella lettura, facendomi amare tutte le protagoniste femminili. Le donne sono degli esseri davvero straordinari: nonostante secoli di ingiustizie e sofferenze, riescono sempre a risorgere e a non perdere l'essenza della propria anima. Consigliato!



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