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lunedì 3 giugno 2019

Recensione "Mi facevi sentire Dostoevskij" di Valentina Fortichiari

Buongiorno, lettori.
Oggi ho il piacere di parlarvi di un romanzo/memoir firmato da Valentina Fortichiari, una vera pietra miliare quandi si parla di comunicazione e di agenzie di stampa.
Buona lettura!



L'importante è mantenere l'autocontrollo quando si è certi di essere nel giusto, anzi tanto più,  è non superare mai il limite dell'arroganza fine a se stessa.
Ho sempre preferito la linea della discrezione.

Come blogger, conosco abbastanza bene il modo degli uffici stampa dato che,  quasi sempre, sono i nostri interlocutori per eccellenza e ho sempre avuto la curiosità di scoprire cosa si celasse tra le scrivanie e le agende delle mie carissime addette stampa. Se, anche voi, vi siete sempre chiesti cosa fa e come lavora un ufficio stampa, in questo libro troverete quasi tutte le risposte alle vostre domande.

Valentina Fortichiari ha lavorato per anni in Longanesi ed è,  oggi, un brillante insegnante universitaria nel campo della comunicazione: leggere questo diario di ricordi è stato illuminante e formativo. È incredibile quanto lavoro ci sia dietro ogni libro è, soprattutto,  quanto sia cruciale il ruolo del responsabile dell'ufficio stampa.

Alla direzione dell'ufficio stampa si richiede senso della regia, capacità di agire come il maestro di musica abile nell'armonizzare ogni nota, nel dar vita a una sinfonia compatta, fluente, dove ogni strumento fa la sua parte senza stonature, attenendosi al tempo imposto da chi tiene in mano la bacchetta.

Tra le pagine del libro, ci sono gli episodi cruciali di una carriera: i momenti iniziali, accompagnati dall'insicurezza e dalla paura di non essere all'altezza; gli incontri con autori straordinari in cui tremano le gambe sembra di sognare; i momenti critici, quando nonostante un'organizzazione maniacale qualcosa va storto e si deve correre ai ripari. Faccio fatica solo ad immaginare come si possa  vivere così sotto pressione costante e con così tante responsabilità.  Si tratta di un ruolo in cui l'autocontrollo, la genialità e la determinazione sono, spesso, più importanti e determinanti di un titolo di studio.

《Mi facevi sentire Dostoevskij》
È la confidenza che in un giorno di amarcord  mi fece scherzosamente un autore. Che cosa voleva dire,  al di là della battuta? Che un ufficio stampa dovrebbe trattare ogni singolo autore come fosse 《unico》, il migliore, il più grande del suo genere, o comunque facendolo sentire tale.

Questo romanzo è una vera delizia per tutti gli addetti ai lavori ma anche per i lettori che hanno vogli di scoprire cosa si nasconde dietro il lancio di un libro e quanto sia fondamentale saper comunicare con il pubblico. Ho apprezzato ogni riga del libro e ho amato lo stile molto diretto e scorrevole dell'autrice. Ho trascorso dei momenti piacevoli immersa nella lettura, e nei ricordi, della Fortichiari e vi consiglio di recuperarlo al più presto!


sabato 15 dicembre 2018

Recensione "Il tropico dei perdenti" di Roberto Parodi

Buongiorno, lettori.
Oggi voglio parlarvi di un romanzo che mi ha colpito moltissimo e che tratta una tematica sociale importante della quale si parla sempre molto poco. Il libro in questione è quello di Roberto Parodi, "Il tropico dei perdenti", edito da Tea.
Buona lettura!


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Scheggia è ancora sulla strada - in verità sulle piste del deserto africano -, e questa volta con una missione: aiutare Ashanti, la giovane infermiera del Mali che gli ha salvato la vita e che vuole rintracciare la sorella, perduta lungo le rotte dei migranti, smarrita in quel fiume di individui disperati, sfruttati e abusati che rischiano tutto per attraversare il Sahara e raggiungere le coste del Mediterraneo, e da lì, forse, approdare in Europa. Una vera odissea attende la coppia, un'avventura gonfia di pericoli e meraviglie, di moto distrutte e ricostruite, di incontri di ogni tipo, di paure e speranze, di violenza e solidarietà, di vento, sabbia e sole. Un viaggio che offrirà a Scheggia l'ultima occasione per dare un senso alla sua inquietudine, alla perenne sensazione di fallimento, e per trovare un significato più grande al suo eterno vagabondare.

Roberto Parodi, l'autore con la passione per le tematiche sociali e l'intramontabile Harley Davidson, torna in un nuovo ed emozionante romanzo che affronta un fenomeno migratorio preoccupante e che, ogni anno, miete migliaia di vittime e ne pregiudica la vita di molte altre. 
Il protagonista, Scheggia, si trova ancora in Africa: un continente affascinante ma allo stesso tempo spietato. Quello che mi ha colpito di quest'uomo è la profondità di idee e sentimenti, la disponibilità assoluta e completa nell'aiutare il prossimo: non è facile trovare persone così altruiste e coraggiose. Al suo fianco, troviamo una giovane infermiera che è alla ricerca della sorella, probabilmente rimasta vittima del traffico di migranti che tentano in ogni modo di attraversare il deserto per arrivare in Europa. Mi colpisce la verità raccontata da Roberto Parodi, una verità scomoda e che non consideriamo mai quando il nostro sguardo si posa sui numerosi barconi che approdano sulle nostre rive. Non consideriamo il viaggio della speranza percorso da tutti quegli individui, le peripezie, i soprusi e gli abusi di cui sono stati vittime. 

L'autore non ci risparmia i dettagli e, attraverso gli occhi dei personaggi e la loro voce, ci racconta un fenomeno di inciviltà assoluta che si consuma quotidianamente e contro cui nessuno fa nulla. Si resta impotenti, riga dopo riga, davanti all'orrore e alla cattiveria umana che non conosce confini. Le donne subiscono in maniera ancor più violenta le punizioni di questi uomini senza scrupoli, violate sia mentalmente che fisicamente. Parodi ha uno stile evocativo e molto descrittivo, non è difficile immaginare le scene terribili che il protagonista si trova davanti e vi confesso che, più volte, ho distolto lo sguardo da parole vere ma che fanno male. Non è semplice conquistare il cuore di un lettore con storie simili, ma questo autore ci è riuscito con un romanzo unico che tutti dovrebbero leggere soprattutto per non scadere in facili giudizi e sentenze scontate e immotivate su una tragedia umanitaria che si consuma incontrastata sotto i nostri occhi.
Lo consiglio!



martedì 23 ottobre 2018

Recensione "I due esorcisti" di Ray Russell

Buongiorno, lettori.
Halloween si avvicina e oggi vi racconto una storia perfetta per questo periodo. Si tratta de "I due esorcisti", di Ray Russell.
Buona lettura!


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Susan Garth è una ragazza perbene: occhi limpidi, capelli biondi, brava a scuola, tutte le domeniche a messa... Almeno fino al giorno in cui comincia a comportarsi in maniera insolita e alla chiesa non riesce più nemmeno ad avvicinarsi, o alla notte in cui si spoglia di fronte al vecchio parroco e gli affonda le unghie nella gola... Gli anni Sessanta stanno sbocciando, e i preti ormai confidano più spesso nella psichiatria che nella demonologia, ma non il vescovo Crimmings, convinto che dietro quello sguardo apparentemente innocente si nasconda il Principe delle Tenebre, il Diavolo in persona. A Susan non serve un bravo psicologo, bensì un esorcismo in piena regola e, per eseguire il rito, il prelato chiede aiuto al nuovo parroco, padre Sargent, un giovane e disinvolto prete dalla mentalità aperta e la passione per il brandy. Insieme, i due esorcisti, in un crescendo di tensione e violenza, affronteranno l'oscurità che tormenta la ragazza. Ma un'altra sconvolgente verità attende di essere rivelata. Perché se il Male ha un solo nome, può avere molti volti...

Quando parliamo di horror, nulla mi spaventa di più delle storie sulla possessione demoniaca. Ho letto "I due esorcisti" tra le palpitazioni e l'ansia, è stato come guardare un film. L'autore descrive perfettamente ogni fase e ogni momento dell'esorcismo, così come le personalità dei protagonisti.
Il vescovo è, senza dubbio, un personaggio della vecchia scuola, pienamente convinto dell'esistenza del bene e del male. Padre Sargent, invece, è un forte sostenitore del progresso ed ha un approccio decisamente più scientifico ai problemi comportamentali di Susan Garth. 
Una brava ragazza che improvvisamente inizia a comportarsi in modo strano attira l'attenzione e se questo succede in una piccola cittadina la cosa ha ancora più ridondanza. 

Come salvare la giovane Susan? E come capire la verità tra le sue assurde illazioni? Dopo una prima parte tranquilla, la scena si fa convulsa e sempre più inquietante. Persino il pragmatico padre Sarget inizia e rivedere le sue posizioni in favore di un sempre più convinto Crimmings. La lotta con il male è estenuante e sembra pendere più dalla parte del nemico. Come si può combattere un qualcosa in cui non si crede? Questa la domanda da porsi e la vera chiave della storia.
L'autore ha uno stile scarno e molto diretto. Il libro è una sorta di racconto di cronaca ma è una storia da brivido. Vi assicuro che ricalca perfettamente la tradizione dei migliori film del genere, pertanto se apprezzate le storie di questo tipo sono certa che adorerete il libro!


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